Riscossione e accertamento evasione da parte degli enti locali: la fotografia del 2017

31.10.2017 10:58

di Marco Massavelli

Commissario Settore Operativo Polizia Locale Rivoli (TO)

 

In data 12 ottobre u.s., il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Avv. Erensto Maria Ruffini, è stato sentito in Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo Fiscale.

Il suo intervento ha riguardato il tema dell’“Attuazione e prospettive del federalismo fiscale, con particolare riguardo alla riscossione negli Enti locali”

Il Direttore ha così potuto descrivere l’attuale assetto normativo del sistema di riscossione degli Enti locali ed il ruolo che l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione (che, come è noto, ha sostituito Equitalia Spa, a decorrere dal 1° luglio 2017) possono rivestire per rendere più efficiente tale sistema.

Come si evidenzierà più avanti, il suo intervento si è soffermato, in particolare, sugli strumenti che il legislatore ha messo a disposizione degli Enti locali per la riscossione spontanea e coattiva delle loro entrate e sulle opportunità di semplificazione per i cittadini e di recupero di efficienza per le Amministrazioni.

L’ultima parte è stata dedicata ad un aggiornamento sulla partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dei tributi erariali.

 

Per quanto riguarda, in particolare, l’attuale quadro normativo della riscossione delle entrate degli Enti locali, il legislatore, con il decreto legislativo n. 446 del 1997, ha introdotto la facoltà, in capo a Province e Comuni, di disciplinare con regolamento “le proprie entrate, anche tributarie”, optando per la gestione diretta delle fasi di liquidazione, accertamento e riscossione delle medesime, ovvero per il relativo affidamento a:

  • soggetti terzi (privati) iscritti a un apposito albo, ivi inclusi gli ex concessionari della riscossione (successivamente Equitalia);
  • aziende speciali, ovvero alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale mediante apposite convenzioni.

Successivamente, il decreto legge n. 203 del 2005, all’atto della nascita di Equitalia e dell’acquisizione degli ex concessionari della riscossione, ha previsto:

  • la possibilità di scorporare i rami d’azienda relativi alla fiscalità locale;

 

  • in mancanza di scorporo e di diversa determinazione, che l’attività di riscossione degli Enti locali continuasse a essere svolta da Equitalia SpA e dalle società da essa partecipate, per un periodo transitorio;
  • dopo tale periodo, la possibilità per Equitalia di riscuotere le entrate locali soltanto a seguito di affidamento mediante procedure a evidenza pubblica.

 

Sostanziali novità sono state introdotte dal decreto legge n. 70 del 2011, secondo le quali Equitalia SpA e le società da essa partecipate, nonché Riscossione Sicilia SpA, dovessero cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali, dei Comuni e delle società da essi partecipate (e non anche degli altri Enti pubblici territoriali) alla data dal 31 dicembre 2012. Tale termine è stato oggetto di ripetuti differimenti e, da ultimo, con l’articolo 2 comma 1, decreto legge n. 193 del 2016, è stato fissato al 30 giugno 2017. L’obiettivo, secondo il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, evidentemente, era quello di assicurare lo svolgimento di un ruolo di supplenza da parte di Equitalia, in attesa che i Comuni provvedessero a organizzarsi in proprio, o volessero affidare l’attività ad operatori privati.

Gli Enti che dal 2000 al 30 giugno 2017 hanno affidato carichi in riscossione a Equitalia sono 16.355.

A causa delle incertezze derivanti dal perimetro normativo di riferimento, si è assistito, da alcuni anni, a una riduzione degli affidamenti al soggetto deputato all’attività della riscossione nazionale da parte degli 8.000 Comuni italiani: si è infatti passati da 6.161 che avevano affidato i propri carichi nel 2011, ai 3.354 Comuni del 2016.

In questo periodo il totale delle riscossioni sui carichi affidati dai Comuni alle società del gruppo Equitalia ha superato i 4,3 miliardi di euro.

Le citate incertezze normative hanno, infatti, determinato il ricorso, da parte dei Comuni, a procedure di gara per l’affidamento, anche combinato, dei servizi di accertamento, liquidazione e riscossione delle proprie entrate. Il risultato è un sistema frammentato e privo di un modello efficace su scala nazionale, quanto meno per il servizio di riscossione.

Attualmente, poco meno di 100 operatori possono gestire per conto dei Comuni la riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di loro pertinenza, seguendo schemi disomogenei, individuati di volta in volta in sede di gara e che prevedono, peraltro, forme di remunerazione assai variegate e mediamente più gravose per l’Ente creditore e per il cittadino rispetto agli oneri di riscossione previsti per la riscossione dei carichi affidati a Equitalia: dall’analisi dei bandi di gara pubblicati nel 2016 è emerso che, nell’ipotesi di affidamento della sola riscossione coattiva, gli operatori privati applicano aggi che oscillano, in media, dal 6 al 20%, a fronte di quanto attualmente previsto dalla legge per la riscossione a mezzo ruolo, che stabilisce nel 6 % delle somme riscosse la misura massima dell’onere di riscossione.

Il decreto legge n. 193 del 2016, che ha stabilito lo scioglimento delle società del gruppo Equitalia (ad esclusione di Equitalia Giustizia SpA) e ha attribuito il compito di svolgere le funzioni relative alla riscossione nazionale a un nuovo ente pubblico economico, denominato Agenzia delle entrate-Riscossione, ha significativamente modificato questo quadro normativo.

Dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali possono deliberare l’affidamento all’Agenzia delle entrate-Riscossione, delle attività di riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate.

Inoltre, come previsto dall’articolo 17, comma 3, decreto legislativo  n. 46 del 1999 “continua comunque a effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate già riscosse con tale sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Pertanto, oggi gli Enti locali possono svolgere il servizio di riscossione delle proprie entrate secondo le seguenti modalità:

  • tramite risorse interne, quindi direttamente;
  • ricorrendo all’affidamento in house a società strumentali;
  • tramite le ordinarie procedure a evidenza pubblica;
  • avvalendosi, a seguito di apposita deliberazione, dell’Agenzia delle entrate–Riscossione, titolare dello svolgimento delle funzioni della riscossione nazionale.

Da questo nuovo quadro giuridico emerge, quindi, che l’Agenzia delle entrate–Riscossione ha assunto un ruolo di “supplenza qualificata”, in quanto è sufficiente una delibera dell’Ente locale per conferirle le funzioni di riscossione nei casi in cui non si è ritenuto opportuno ricorrere alle altre modalità di affidamento del servizio.

E’, invece, del tutto inibita la possibilità per le amministrazioni locali di deliberare l’affidamento anche delle attività di accertamento e liquidazione delle proprie entrate, in quanto attività estranee alla missione istituzionale dell’Agenzia delle entrate-Riscossione

Infatti, l’articolo 35, comma 1, lettera b), decreto legge 50 del 2017, sostituisce il comma 2, del’articolo 2, decreto legge n. 193 del 2016 (convertito in legge n. 225 del 2016) statuendo la possibilità, per le amministrazioni locali, di deliberare l’affidamento della sola riscossione, spontanea e coattiva, esclusivamente delle entrate tributarie o patrimoniali proprie.

Gli Enti che dal 1° luglio 2017 hanno deliberato l’affidamento dell’attività di riscossione spontanea e coattiva delle loro entrate sono, al momento, oltre 700 di cui circa 500 amministrazioni comunali.

 

Quali sono le modalità di riscossione delle entrate degli Enti locali?

Innanzitutto, vi è la possibilità di riscossione con il modello F24: introdotto nell’ordinamento con il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 per il versamento di un limitato numero di entrate erariali, regionali e contributive, il modello F24 è stato nel tempo esteso anche per il pagamento delle entrate degli enti locali.

Il suo utilizzo è stato possibile, in un primo momento, per il versamento dei principali tributi locali, quali ICI, TARSU, TOSAP/COSAP, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra gli Enti locali e l’Agenzia delle entrate.

Successivamente, il meccanismo di pagamento con F24 è stato individuato dal Legislatore come il principale (a volte unico, per il caso di versamento di IMU e TASI) strumento per il versamento dei tributi degli Enti locali senza ricorrere alla convenzione.

Attualmente si riscuotono con modello F24 l’addizionale comunale all’IRPEF, l’IMU (imposta municipale propria), la TASI (tributo per i servizi indivisibili), la TARI (tassa sui rifiuti), la TOSAP (tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche) e il COSAP (canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche), ove questo la sostituisca, l’imposta di soggiorno e l’imposta sui premi delle assicurazioni RC AUTO.

La scelta di utilizzare il modello F24 è dovuta agli innegabili benefici di semplificazione degli adempimenti per i cittadini (si pensi alla possibilità di utilizzare in compensazione crediti erariali o contributivi) e di economie di gestione.

Infatti, il modello F24 è gestito da un’unica struttura appositamente deputata dell’Agenzia delle entrate che, in base ad appositi codici identificativi indicati nel modello di pagamento, cura il riversamento quotidiano delle somme riscosse agli Enti locali, nonché la trasmissione periodica delle informazioni analitiche dei versamenti. Entro pochi giorni dalla riscossione, gli Enti dispongono dei dati necessari alla contabilizzazione delle operazioni di riscossione e al controllo del corretto adempimento dei contribuenti.

Di recente, è intervenuto l’articolo 2-bis, decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, che, a decorrere dal 1° ottobre scorso, ha stabilito che il pagamento spontaneo delle entrate degli enti locali è effettuato sul conto corrente di tesoreria degli Enti locali, ovvero mediante F24, o attraverso altri strumenti di pagamento elettronici individuati degli enti impositori.

Si tratta di una disposizione di carattere generale, in base alla quale, a prescindere dalle disposizioni regolamentari e dalla volontà degli enti locali, i contribuenti utilizzano il modello F24 per il pagamento delle entrate tributarie di competenza di Comuni e Province.

La riscossione tramite modello F24 sarà estesa progressivamente anche:

  • al contributo di sbarco, che possono istituire i Comuni con sede giuridica nelle isole minori e i Comuni nel cui territorio insistono isole minori, in alternativa all'imposta di soggiorno: nello specifico, il contributo di sbarco si applica ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore, utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea o vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l'isola; il contributo di sbarco è riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, che sono responsabili del pagamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi;

 

  • all’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni (ICP-DPA);

 

  • al canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP): i Comuni possono escludere l'applicazione, nel proprio territorio, dell'imposta comunale sulla pubblicità, sottoponendo le iniziative pubblicitarie, che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente, ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa;

 

  •  all’imposta municipale immobiliare (IMI), istituita dalla Provincia autonoma di Bolzano, che nei Comuni del relativo territorio sostituisce l’IMU e la TASI.

 

L’Ente locale, per chi non ha adempiuto spontaneamente al pagamento, ad esempio mediante l’utilizzo del citato modello F24, dovrà dare avvio al recupero delle somme non riscosse attraverso lo strumento dell’ingiunzione o, previa iscrizione a ruolo, attraverso la cartella di pagamento, avvalendosi in quest’ultimo caso di Agenzia delle entrate-Riscossione (c.d. riscossione spontanea a mezzo ruolo).

La c.d. riscossione a mezzo ruolo  è la forma di esazione con la quale l’Ente locale richiede, attraverso la cartella di pagamento dell’Agenzia delle entrate-Riscossione il versamento delle somme dovute.

In base all’articolo 17, comma 2, decreto legislativo n. 112 del 1999, per particolari tipologie di debiti, come ad esempio la TARSU, l’onere di riscossione a carico del contribuente è pari all’1% per le somme versate entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento: trascorso tale termine senza il pagamento, l’Agente della Riscossione è tenuto a dar avvio alle azioni di recupero coattivo e gli oneri di riscossione, interamente a carico del contribuente, sono pari al 6% delle somme riscosse.

Sempre per particolari tipologie di debiti, sulla base di specifiche convenzioni, gli Enti della fiscalità locale che non hanno già provveduto in autonomia, possono anche affidare all’Agenzia delle entrate-Riscossione il compito di inviare al contribuente, prima della notifica della cartella, un invito al pagamento, personalizzato in base alle esigenze dell’Ente creditore: è possibile, infatti, inserire nell’invito la data entro la quale effettuare il pagamento, la scadenza delle eventuali rate e altre informazioni utili al cittadino.

Se il contribuente non provvede in via volontaria a versare quanto richiesto, l’Agenzia delle entrate-Riscossione, sulla base dell’iscrizione a ruolo dell’Ente creditore, predispone e notifica la cartella esattoriale e dà avvio alle eventuali, successive, azioni di recupero.

Una procedura particolare di riscossione a mezzo di invito al pagamento è costituita dalla Gestione integrata avvisi (GIA), che consiste nella produzione di avvisi con un testo standardizzato ed è caratterizzata dalla presenza di un onere di riscossione a carico del solo Ente pari all’1 per cento, con un minimo di € 2,20 e un massimo di € 154,94. 

Le riscossioni tramite GIA hanno fatto registrare buone performance attestandosi, dal 2000 al 30 giugno 2017, al 77,7% delle somme richieste. A fronte di 44,46 miliardi di euro affidati, ne sono stati riscossi 34,56. In altri termini, il 77,7% delle somme affidate in riscossione con questa particolare modalità è versato a seguito di invito al pagamento, mentre il residuo 22,3% è successivamente avviato in riscossione coattiva.

Nel primo semestre del 2017 le convenzioni in essere con gli Enti locali, che prevedevano la spedizione del preventivo invito al pagamento erano 1510.

Per quest’ultima particolare tipologia di riscossione, al fine di rendere omogenee e trasparenti le modalità di convenzionamento, il Comitato di Gestione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione ha approvato, lo scorso 27 settembre, il testo standard di Convenzione da proporre agli Enti locali per la stipula delle nuove convenzioni e per il rinnovo, alla loro scadenza, di quelle già in essere.

 

Se l’iscrizione a ruolo deriva da un precedente inadempimento del pagamento di somme dovute all’Ente locale – al pari di quanto avviene per gli altri Enti statali (Agenzia delle entrate, INPS, ecc.) - l’Agenzia delle entrate-Riscossione deve provvedere al recupero attraverso l’attività di riscossione coattiva in senso stretto: in tal caso, attraverso la cartella, si chiede il pagamento di un importo derivante da un precedente inadempimento; in altri termini, quando lo Stato e gli altri Enti pubblici accertano il mancato o insufficiente pagamento di un credito da parte di un contribuente, formano il ruolo e poi lo trasmettono all’Agente della riscossione che provvede alla stampa, alla notifica della cartella e, quindi, alla riscossione. 

In questo caso, gli oneri di riscossione sono pari al 6 per cento:

  • per i pagamenti effettuati entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento sono ripartiti a metà tra l’Ente creditore e il debitore;
  • per i pagamenti successivi, sono interamente a carico del debitore.

L’Agenzia delle entrate-Riscossione è strutturata in funzione della realizzazione di economie di scala che consentono un dialogo unitario con il debitore che ha iscrizioni a ruolo con Enti creditori diversi.

Il contribuente è il perno intorno a cui si sviluppa l’attività di riscossione e tutti i processi aziendali sono focalizzati a garantire la gestione univoca e integrata della sua posizione debitoria, attraverso un’organizzazione trasversale. L’Agenzia delle entrate-Riscossione non è, quindi, organizzata per “rami d’azienda”. Tutte le attività, che vanno dalla notifica della cartella di pagamento all’invio di inviti di pagamento e all’assistenza del contribuente allo sportello, sono pianificate e realizzate a partire dal codice fiscale del contribuente, a prescindere dal tipo di ente impositore o dalla natura del debito da riscuotere.

L’attività di riscossione che l’Agenzia delle entrate-Riscossione mette a disposizione anche della fiscalità locale presenta sinteticamente le seguenti caratteristiche:

  • assenza di una “divisione” aziendale/ramo d’azienda che si occupi esclusivamente di tali Enti;
  • forte integrazione nei processi produttivi sia in termini di modello operativo/organizzativo sia di approccio alla riscossione;
  • azioni cautelari/esecutive che beneficiano delle sinergie derivanti dalla gestione unitaria della posizione;
  • struttura multi-ente di tutti i “documenti” esattoriali: dai preavvisi di fermo alle ipoteche;
  • le stesse rateizzazioni sono definite sulla base di tutte le cartelle a prescindere dall’Ente impositore (ogni rata può quindi contenere quote di iscrizioni a ruolo dei diversi Enti impositori);
  • front office (209 sportelli) al servizio di tutti i contribuenti ed erogazione di alcuni servizi/agevolazioni per i cittadini (per esempio, call center, rateizzazioni, ecc.).

L’efficienza realizzabile laddove il debitore sia oggetto di una molteplicità di iscrizioni a ruolo da riscuotere, più o meno contestualmente, viene, però, meno nel caso in cui lo stesso soggetto sia unicamente debitore di importi iscritti a ruolo da un ente locale.

La maggioranza dei crediti degli Enti locali è, infatti, caratterizzata da un importo di ammontare assai ridotto: l’80 % delle cartelle di pagamento emesse per ruoli affidati dagli Enti locali è di importo inferiore ai 500 euro.

Ebbene, in relazione a crediti di siffatta natura, l’esperienza maturata dal 2000 a oggi, dimostra come lo strumento di riscossione che ha dimostrato maggiore efficacia ed efficienza per la riscossione di importi di questo tipo sia il fermo dei beni mobili registrati, previsto dall’articolo  86, DPR n. 602/1973.

In considerazione dell’importo medio di tali crediti, non sono invece attivabili:

 

  • la procedura di pignoramento dei crediti derivanti da pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo  48-bis, Decreto Presidente della Repubblica n. 602/1973, che prevede un ammontare minimo in riscossione pari a 10.000 euro;
  • l’iscrizione ipotecaria prevista dall’articolo 77, Decreto Presidente della Repubblica n. 602/1973, che fissa a 20.000 euro l’importo minimo in riscossione;
  • la procedura di espropriazione immobiliare di cui all’articolo 76, Decreto Presidente della Repubblica n. 602/1973 che, anche laddove il bene non sia qualificabile come “prima casa”, contempla la necessità dell’esistenza di un debito del contribuente iscritto a ruolo pari ad almeno 120.000 euro.

A causa dell’elevato numero delle posizioni in gioco, non risulta ipotizzabile procedere a pignoramenti mobiliari a valle di accessi nella casa di abitazione del debitore o in altri luoghi a lui appartenenti: modalità di recupero che, proprio per la dimostrata inefficienza, non è più prevista come obbligatoria a carico dell’Agente della riscossione.

Ulteriore elemento di complessità, che determina un allungamento del tempo di esazione è poi costituito dalla necessità, nei casi di riscossione coattiva fino a 1.000 euro, di inviare una comunicazione con il dettaglio delle iscrizioni a ruolo e di attendere 120 giorni da tale invio, prima di poter procedere ad azioni cautelari o esecutive, a norma dell’articolo 1, comma 544, Legge n. 228 del 2012, che stabilisce:

In tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, intrapresa successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo il caso in cui l'ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione ai sensi del comma 539, non si procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall'invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo”. 

 

Per quanto, infine, concerne la a partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dei tributi erariali, la collaborazione tra gli Enti locali e l’Amministrazione finanziaria ha trovato concreta attuazione a seguito del consolidamento del quadro normativo e regolamentare tra gli anni 2005 e 2012.

Il processo di partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento dei tributi erariali è, disciplinato dall’articolo 1, decreto legge n. 203 del 2005 ed è stato reso operativo mediante i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 dicembre 2007, del 26 novembre 2008 e, da ultimo, del 29 maggio 2012.

Il processo, interamente informatizzato, si fonda sulla piattaforma informatica Punto Fisco e si articola nelle seguenti fasi:

  • la messa a disposizione dei Comuni – da parte dell’Agenzia – di informazioni presenti in Anagrafe Tributaria, in modo da consentire agli Enti locali di sviluppare processi di analisi del rischio (anche attraverso l’incrocio con le loro basi dati) e di individuare situazioni di anomalia fiscale sul proprio territorio;
  • la trasmissione telematica agli uffici dell’Amministrazione, mediante apposita procedura web messa a disposizione dei Comuni, di segnalazioni qualificate che, vagliate dagli Uffici, possono dar luogo ad avvisi di accertamento;
  • il conseguente riconoscimento, all’ente locale segnalante, di una quota di compartecipazione delle maggiori imposte riscosse a seguito dei citati accertamenti.

Come previsto dal DM 23 marzo 2011, i dati delle maggiori imposte riscosse (anche a titolo non definitivo) sono annualmente comunicati dall’Agenzia al MEF, ai fini della determinazione della quota da riconoscere ai Comuni, successivamente accreditata agli Enti locali a cura del Ministero dell’Interno.

Con i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia sono state individuate le fattispecie che possono essere oggetto di segnalazioni qualificate nonchè, a secondo della tipologia, l’Ente destinatario delle stesse segnalazioni tra l’ Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza.

L’interesse crescente del Legislatore per l’istituto si è manifestato attraverso l’incremento della quota di compartecipazione al gettito derivante dall’accertamento dei tributi statali a seguito di segnalazioni comunali: tale quota, infatti, è passata dall’iniziale 30% delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo, 100% delle stesse somme riscosse anche a titolo non definitivo.

Dal febbraio 2009 a settembre 2017 sono state trasmesse, da oltre 1.000 Comuni, circa 95.000 segnalazioni, di cui circa 17.000 sono state trasfuse in atti di accertamento con oltre 350 milioni di euro di maggior imposte accertate e poco più di 105 milioni di euro di maggior imposte riscosse. Questo significa che ogni segnalazione ha, mediamente, consentito di accertare più di 20.000 euro e di riscuotere circa 6.000 euro di maggiori imposte.

Tra il 2013 e il 2015, sulla base delle disposizioni del DM 23 marzo 2011, sono stati trasferiti ai Comuni circa 57 milioni di euro.

 

Tra i Comuni più attivi su questo fronte spiccano quelli delle regioni del Centro-Nord (Emilia Romagna, Lombardia, Liguria, Toscana, Veneto, Marche) mentre il processo stenta a svilupparsi nelle regioni meridionali, ad eccezione della Calabria e della Sicilia.

Questi risultati sono frutto di un lavoro di squadra che si fonda sul costante confronto tra personale delle diverse istituzioni, reso a sua volta possibile dalla collaborazione avvenuta in questi anni tra Agenzia delle entrate, ANCI e IFEL.

In particolare, a seguito della sottoscrizione di due protocolli d’intesa (il primo del novembre 2009 e il secondo del maggio 2014) negli ultimi anni:

  • è stata realizzata un’accurata attività di formazione al personale di oltre 2.000 Comuni;
  • sono state diffuse numerose best practices mutuate dai più virtuosi esempi – per ognuno dei 5 ambiti di intervento – di segnalazioni qualificate che hanno dato luogo ad accertamenti e recupero a tassazione di importi significativi;
  • sono state implementate le basi dati a disposizione degli Enti locali e migliorate le modalità di acquisizione delle stesse.

Tuttavia, negli ultimi anni il numero delle segnalazioni trasmesse dai Comuni si è gradualmente ridotto.

Nel corso del 2016 sono state prese in carico dalle strutture operative dell’Agenzia 6.307 segnalazioni qualificate provenienti dai Comuni (il 14,1% delle quali proviene da Comuni del nord, il 62,5% del centro e il 23,3 % del sud ed isole). La maggior parte delle segnalazioni riguarda l’ambito “Proprietà edilizie e patrimonio immobiliare” (41,2 %) e l’ambito “Beni indicanti capacità contributiva” (39,4%).

Anche per questo motivo l’Agenzia, l’ANCI e l’IFEL hanno convenuto di rinnovare il protocollo d’intesa a livello nazionale, in modo da ridare stimolo all’attività degli enti locali mediante una maggiore governance centrale del processo.

Nel corso del 2016 sono stati eseguiti 1.157 accertamenti in base alle segnalazioni qualificate dei Comuni. A fronte di questa attività di controllo sostanziale è stato possibile accertare maggiori imposte per circa 20 milioni di euro.