I REQUISTI PER IL CONFERIMENTO DELL’INCARICO DIRIGENZIALE A CONTRATTO: L’IMPORTANZA DEL CURRICULUM ECCELLENTE

25.08.2017 07:32

di Marco Massavelli

Ufficiale Polizia Locale Rivoli (TO)

Per essere nominati dirigenti a contratto, è necessario avere un curriculum eccellente.

La sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Lombardia 22 giugno 2017, n. 91 chiarisce i limiti e i vincoli per l'applicazione dell'articolo 19, comma 6, decreto legislativo n. 165/2001 e, di conseguenza, dell'articolo 110, comma 1, decreto legislativo n. 267/2000, e censura la prassi di assegnare incarichi dirigenziali a funzionari interni, che non mostrino di avere i requisiti di alta professionalità richiesti dalla legge.

 

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche

art. 19. Incarichi di funzioni dirigenziali (stralcio)

6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. La formazione universitaria richiesta dal presente comma non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e dell'istruzione, dell'università e della ricerca e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.

DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267 
TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
a norma dell'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265

Art. 110. Incarichi a contratto (stralcio)

1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad. accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico.

La questione al vaglio della Corte attiene al conferimento di un incarico dirigenziale apicale più volte reiterato, a soggetto "esterno", conferimento che, nella prospettazione accusatoria, violerebbe l’articolo 19, comma 6, decreto legislativo n.165/2001, sia per omissioni procedurali (mancata pubblicità dell’avviso a candidarsi, con conseguente mancata comparazione dei potenziali aspiranti all’incarico, anche interni; mancata motivazione della scelta), sia per assenza dei requisiti sostanziali di alta professionalità prescritti. Da tali vizi procedurali e sostanziali, la Procura fa discendere un danno erariale per le somme retributive erogate al soggetto prescelto o, in via gradata, per le differenze retributive tra tali importi e quelli erogati ad un dirigente non apicale.

Il giudizio non tende dunque a mettere in discussione le capacità professionali del soggetto individuato per la copertura del posto, ma solo a valutare se le stesse erano idonee a consentire il conferimento del contestato incarico apicale.

Ed appunto con riferimento alle norme violate, sicuramente applicabile era, all’epoca dei fatti (2011-2013), l’articolo 19, comma 6, decreto legislativo n.165/2001 (ovviamente nella formulazione all’epoca vigente), essendo detta norma operante anche per le Regioni, gli enti locali, come ben rimarcato dalla sentenza della Corte Costituzionale 12.11.2010 n. 324, nonché dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in sede di Controllo con le deliberazioni 8.3.2011 n. 12 e 13, secondo cui il conferimento degli incarichi dirigenziali nel pubblico impiego appartiene alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lett. l), Cost..

 

CONFERIMENTO DI INCARICHI

Ed invero, è noto a tutti, in via generale, che il vigente quadro normativo impone, per soggetti non vincitori di un pubblico concorso (regola generale nel nostro ordinamento amministrativo), che per poter "lavorare", anche temporaneamente, con la pubblica amministrazione (con rapporto subordinato o autonomo), occorre rispettare requisiti procedurali di selezione e di successiva trasparenza degli incarichi e, soprattutto, possedere assai elevati requisiti culturali-professionali per il conferimento di incarichi. Ciò è previsto, a garanzia sia di pubblicità/trasparenza (bando indicante i requisiti selettivi para-concorsuali; pubblicazione di curricula e compensi dei prescelti; motivazione della scelta), che di buon andamento della p.a., valore espresso dalla meritocratica e motivata scelta tra i qualificati aspiranti (vagliando analiticamente e soppesando i requisiti culturali-professionali in capo ai prescelti; evitando pericolose commistione tra cariche politiche e incarichi gestionali etc.). E quanto detto vale sia per poter conferire incarichi dirigenziali temporanei in deroga al pubblico concorso (articolo 19, comma 6, decreto legislativo n.165/2001), sia per poter attribuire incarichi d’opera di alta professionalità e consulenze esterne (articolo 7, decreto legislativo n.165/2001).

La magistratura amministrativa e contabile si è dovuta spesso interessare, per ambo le tipologie di conferimenti di incarichi, di alcune "patologie" gestionali poste in essere dall’amministrazione conferente, sia nel momento genetico del conferimento (procedure selettive con requisiti "sartorialmente" cuciti addosso al candidato da prescegliere per incarichi dirigenziali o per consulenze/studi; mancate procedure selettive; mancato vaglio di professionalità interne), sia, soprattutto, nella (non motivata o mal motivata) scelta dell’incaricando (sovente privo dei requisiti di alta professionalità o culturali imposti dalla legge: cfr. da ultimo, Corte dei Conti, sez. Lombardia, 13 giugno 2016 n.97 cit.).

E ben possibili sono oggi interventi ulteriori, di tipo sanzionatorio e poi contenzioso, legati alla omessa pubblicazione dei dati afferenti detti incarichi, come previsto dal decreto legislativo n.33/2013, attuativo della legge n.190/2012, o al conflitto di interessi (D.P.R. n. 62/2013) o al regime di inconferibilità (D.P.R. n. 39/2013).

 

I REQUISTI NECESSARI

 

Con riferimento ai requisiti per il conferimento di incarichi dirigenziali esterni, giova ribadire, sul piano dei referenti normativi, che, secondo la condivisibile giurisprudenza sopra richiamata, e in base ad una corretta interpretazione, il disposto dell’articolo 19, decreto legislativo n.165/2001, trova applicazione anche per gli enti locali e territoriali, come confermato da univoca giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass., sez. lav., 13 gennaio 2014, n.478; Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, 13 maggio 2001 n. 175,  Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, 15 novembre 2010 n.231, Corte dei Conti, sez. giur. Lombardia, 24 marzo 2009 n. 165, Corte dei Conti, sez. giur, Campania, 25 febbraio 2009 n.127).

Depongono per tale conclusione, infatti, varie fonti:

Secondo l’articolo 1, decreto legislativo n. 165/01 le disposizioni contenute in tale decreto "…disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche" (primo comma), intendendosi per amministrazioni pubbliche, tra le altre, "…le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni…" (secondo comma). 

Tali disposizioni "costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione" (articolo 1, comma 3, decreto legislativo n.165/2001). In quanto tali, esse devono dunque trovare applicazione anche nell’ambito degli enti locali e territoriali.

L’applicabilità delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001 agli enti locali è, altresì, prevista dal decreto legislativo n. 267/2000, con particolare riferimento all’articolo 88, secondo cui:

"All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni.."

 

 

nonché all’articolo 111, il quale stabilisce che gli:

 

"Enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi del presente capo e del capo II del decreto legislativo 3 febbraio 1929 n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni".

Ne consegue, quindi, la diretta applicabilità della disciplina relativa alla dirigenza, di cui al Capo II, Titolo II, decreto legislativo n. 165/2001 anche alle autonomie territoriali. Tale disciplina comprende, anche, la disposizione di cui all’articolo 19 (incarichi di funzioni dirigenziali).

A ciò aggiungasi che il decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150, con l’articolo 40, comma 1, lett. f), introducendo nell’articolo 19, decreto legislativo n. 165/2001, i commi 6 bis e 6 ter, ha esplicitamente stabilito, proprio al fine di fugare dubbi o interpretazioni elusive negli enti locali, che le disposizioni di cui al comma 6 e al comma 6 bis si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, e cioè a tutte le amministrazioni pubbliche, tra cui le Regioni, le Province e i Comuni (Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, 3 ottobre 2011 n.363). 

 

Con la sentenza n.76/2015 la Corte dei Conti ha inoltre precisato che:

 

"la questione circa la compatibilità tra la disciplina dettata nell’art. 110, comma 1 del TUEL con il disposto dell’art. 19, commi 6 e 6 bis del d.lgs. 165/2001 è stata risolta dalle Sezioni riunite di questa Corte con le deliberazioni n. 12 e 13 dell’8 marzo 2011 ove, esclusa l’abrogazione tacita dell’art. 110, comma 1 del TUEL, è stata riconosciuta la diretta applicabilità agli enti territoriali di tutte le disposizioni contenute nell’art. 19, commi 6 e 6bis del d.lgs. 165/2001"

 

La diversa portata precettiva delle disposizioni in conflitto (articolo 19, decreto legislativo n.165 e articolo 110 TUEL) non integra l’abrogazione tacita della disposizione contenuta nell’articolo 110, comma 2, TUEL, che risulta pertanto tuttora applicabile e che consente il conferimento di incarichi dirigenziali a contratto al di fuori della dotazione organica, entro limiti quantitativi e, per gli enti dove non è prevista la dirigenza, in assenza di analoghe professionalità interne.

Ma tale conclusione non esclude la concorrente vigenza dell’articolo 19, comma 6, per gli enti locali in ordine ai requisiti culturali per il conferimento dell’incarico.

La medesima Corte dei conti, con deliberazione 8 marzo 2011 n. 13, ha chiaramente ribadito, malgrado il richiamo, contenuto nell’articolo 27, decreto legislativo 165/2001, e nell’articolo 111, TUEL alla autonomia statutaria e organizzativa riconosciuta agli enti locali, la diretta applicabilità agli enti locali dell'articolo 19, comma 6 (e dunque anche dei requisiti culturali per il conferimento), pur escludendo l'abrogazione tacita della disciplina degli incarichi a contratto ex articolo 110, comma 1: tale ultimo inciso, rende  pienamente operante l’articolo 110 TUEL con riferimento a profili tipici e settoriali degli enti locali (es. possibilità per un ente locale di conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato per posti in dotazione organica ex articolo 110, comma 1, TUEL, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2009; possibilità per l’ente, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, di definire limiti percentuali massimi diversi da quelli previsti dall’articolo 19, decreto legislativo n.165/2001), mentre per i profili di portata generale (requisiti culturali di professionalità) l’articolo 19, comma 6, è regola generale per enti statali, Regioni ed enti locali, come confermato dall’articolo 111 TUEL, che ne impone il recepimento statutario e regolamentare.

 

Tale conclusione trova conforto proprio nella delibera 13/2011 delle Sezioni Riunite, allorquando si afferma che:

 

"Soccorre al riguardo il principio, sotteso a più di una disposizione dello stesso d.lgs. 150/2009, in base al quale si considerano direttamente applicabili le norme che contengono i principi di carattere generale, escludendo, per contro, la immediata applicabilità delle norme che introducono modalità operative o misure di dettaglio. E che le disposizioni dettate dall’art. 19, comma 6 e 6-bis del d.lgs. 165/2001 debbano essere considerate espressione di principi di carattere generale discende, in primo luogo, dalla interpretazione data dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 324/2010".

 

Il possesso di requisiti culturali adeguati fissati dall’articolo 19, comma 6, per il conferimento di incarichi dirigenziali è appunto, ad avviso di questa Sezione giurisdizionale, "principio di carattere generale", valevole per ogni ente pubblico, centrale o locale.

Le conclusioni qui raggiunte trovano riscontro, come detto, nella più volte ricordata sentenza della Corte Costituzionale n. 324 del 2010: la sentenza ha, invero, meramente confermato l’applicazione immediata e diretta delle citate norme sia nell’ordinamento delle Regioni, sia in quello degli enti locali, cui spetta pertanto un corrispondente obbligo di adeguamento. Trattandosi di materia che l’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato, è costituzionalmente legittima, secondo la Consulta, l’immediata e diretta applicazione anche agli ordinamenti locali e regionali della disciplina contenuta nell’articolo 19, decreto legislativo n. 165/2001, e dunque, dei precetti sui titoli culturali indefettibili per conferire incarichi dirigenziali, come ritenuto anche dalla Corte costituzionale, che ha valutato l’articolo 19, commi 6 e 6 bis  nel suo complesso, con riferimento in particolare ai requisiti soggettivi che debbono essere posseduti dal contraente privato (adeguata motivazione del possesso di particolare e comprovata qualificazione professionale, valutata anche sulla base di precedenti esperienze lavorative, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione), alla durata massima del rapporto (non superiore a cinque anni) e ad alcuni aspetti del regime economico e giuridico (l’indennità che – ad integrazione del trattamento economico – può essere attribuita al privato).

Ciò chiarito in ordine alla pacifica applicabilità dell’articolo 19, comma 6, decreto legislativo n.165 anche a Regioni ed enti locali, si precisa che tale disposizione stabilisce la possibilità di conferire incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato, fornendone espressa motivazione, a tre diverse categorie di soggetti di particolare e comprovata qualificazione professionale e culturale, non rinvenibile nei ruoli (dirigenziali) dell’Amministrazione: 

 

soggetti che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati, ovvero aziende pubbliche o private, con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;

persone che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla indefettibile formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o/e (congiunzione mutata dopo il d.lgs. n.150) da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza;

soggetti che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

In riferimento al caso di cui alla decisione della Corte dei Conti in commento, è necessario soffermarsi sulla valutazione in merito al possesso dei requisiti di cui alla lettera b).

 

CUMULO DEI REQUISTI

Ritiene infatti la Corte dei Conti, che la sostituzione ad opera del decreto legislativo n.150/2009 della originaria congiunzione coordinativa disgiuntiva "o" (dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate) con la congiunzione coordinativa copulativa "e" (dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate)  abbia sul piano giuridico una portata decisiva, in quanto detta mutevole congiunzione (prima "o", poi "e"), per la sua collocazione testuale e per sua logica interpretazione, coordina e rende (ieri) alternativi oppure (oggi e, dunque, nel caso di specie) cumulativi i requisiti, aggiuntivi comunque alla laurea, costituiti da  "pubblicazioni scientifiche e  concrete esperienze di lavoro maturate" sintomatiche (in via un tempo alternativa, oggi cumulativa) della richiesta "particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica". In altri termini, dette mutevoli congiunzioni non si legano e non si coordinano, sul piano grammaticale e logico, al requisito imprescindibile della laurea, rispetto alla quale sono entrambe aggiuntive sia prima che dopo la novella del decreto legislativo n.150/2009, ma raccordano in chiave oggi cumulativa le "pubblicazioni scientifiche" con le "concrete esperienze di lavoro maturate".

Per conferire un incarico dirigenziale presso una amministrazione pubblica ad un soggetto esterno (o interno, ma non dirigente), ai sensi dell’articolo 19, comma 6, decreto legislativo. n. 165/2001, non è mai stato dunque sufficiente, sia prima che dopo al novella del 2009, che dal curriculum dell’interessato emergesse il solo possesso di un soddisfacente bagaglio conoscitivo e di esperienze "sul campo" nella materia specifica, ma necessitano, e sono sempre stati necessari, i più severi requisiti di assoluta eccellenza professionale e di titoli universitari (o post-universitari), espressivi di "particolare" robusta preparazione anche teorica e istituzionale,  previsti dalla stessa norma, che considera come assolutamente eccezionale l’affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano superato il prescritto percorso di qualificazione concorsuale per l’inserimento nel ruolo dirigenziale. E ciò vale ancor più quando l’incarico da conferire ha natura tecnica e non amministrativa e richiede dunque una più mirata e settoriale esperienza nello specifico campo operativo dell’incarico stesso.

Sia prima che dopo la novella del decreto legislativo n.150/2009 all’articolo19, decreto legislativo n.165, la "particolare" professionalità/specializzazione richiesta ai fini di un legittimo conferimento di un incarico dirigenziale esterno è, quindi, desumibile in primis dall’indefettibile requisito del titolo universitario, requisito quest’ultimo da ritenersi cumulativo e non già alternativo al requisito della formazione "postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio" in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza.

Del resto, la necessità del possesso del requisito accademico e di ulteriori requisiti cumulativi atti a comprovare la "particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica" del prescelto, non solo trova giustificazione sul piano sistematico-giuridico, ma anche sul piano metagiuridico, poiché sarebbe illogico e irragionevole che il superiore gerarchico sia culturalmente e professionalmente meno dotato rispetto ai dirigenti sottordinati che dirige e coordina. 

A ciò aggiungasi che se per accedere tramite concorso alla qualifica dirigenziale occorre la laurea più una pregressa esperienza lavorativa pluriennale e, soprattutto, il superamento di selettive ed eclettiche prove scritte ed orali (talvolta anche con valutazione di titoli) tese a reclutare "i migliori" aspiranti secondo i dettami costituzionali, a maggior ragione la sussistenza di ancor più elevati e cumulativi  requisiti culturali e professionali è richiesta, testualmente e logicamente, in capo a soggetti esterni che, non sostenendo un concorso teso a dimostrare cultura e capacità, solo e soltanto attraverso un probante, autorevole ed assai elevato curriculum (raffrontato con quello di altri aspiranti in una trasparente procedura selettiva) possono comprovare la predetta "particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica"  richiesta dall’articolo 19, comma 6 cit.

La suddetta, pur comprensibile, deroga al meritocratico vaglio concorsuale, che di regola valuta con prove scritte ed orali la reale preparazione dei tanti candidati, necessita dunque, quale basilare ed indefettibile requisito, della laurea, oltre che di dimostrata significativa (elevata, specifica e non comune) esperienza lavorativa e di pubblicazioni comprovanti l’alta specializzazione/professionalità posseduta, che "compensa" la mancanza di un riscontro, in punto di preparazione, in un esame pubblico. E ciò vale, a maggior ragione, in caso di conferimento di incarico dirigenziale apicale.

E’ quindi agevole desumere un triplice principio generale per il conferimento legittimo di un incarico dirigenziale esterno: 

a) la assenza di professionalità interne all’ente conferente;  

b)  la trasparente "paraconcorsualità" della scelta degli aspiranti all’incarico (rimarcata dall’articolo 19, comma 6 cit. attraverso procedure aperte e valutazione comparativa dei curricula);

c) la "particolare" "specializzazione professionale, culturale e scientifica" del prescelto, comprovata da cumulativi requisiti di cui dare contezza in motivazione della scelta.

La pubblicità degli incarichi da conferire e dei criteri di scelta e l'acquisizione delle disponibilità degli interessati e loro valutazione comparativa previste dall'articolo 19, comma 1-bis, decreto legislativo n. 165, cit. richiedono anzitutto l'individuazione del novero dei soggetti tra i quali effettuare la comparazione mediante un preventivo interpello obbligatorio (nel senso della obbligatorietà di una procedura di interpello, Corte dei Conti, sez. centr. contr., 25 giugno 2010 n. 14 cit., principio così immanente e generale da essere indispensabile anche per attribuire posizioni organizzative: cfr. Cass., sez. lav. n.16247 del 16 luglio 2014).

I predetti adempimenti implicano pure una serie di obblighi prodromici e strumentali alle attività valutative vere e proprie. Comportano, in particolare, l'individuazione dei requisiti specifici di professionalità degli aspiranti all'incarico, definiti in relazione agli obiettivi da realizzare ed alla complessità della struttura interessata, nonché la puntuale fissazione dei criteri di misurazione delle competenze ed esperienze professionali dei dirigenti che manifesteranno la loro disponibilità.

Inoltre, il novellato comma 6 dell'articolo 19, richiede una esplicita motivazione sulla particolare e comprovata qualificazione professionale, che non deve essere presente tra gli appartenenti ai ruoli dirigenziali dell'amministrazione; in proposito, già in passato la giurisprudenza contabile ha ritenuto necessaria una specifica istruttoria sull'insussistenza nel ruolo di soggetti idonei e disponibili (Corte dei Conti, sez. giurisdiz. reg. Lomb., 24 marzo 2009 n. 165). L'amministrazione deve inoltre dare conto di aver operato un'adeguata comparazione tra l'interesse pubblico all'attribuzione dell'incarico all'esterno e gli altri interessi e posizioni giuridiche confliggenti; la verifica dell'insussistenza di idonee professionalità interne deve essere effettuata secondo criteri di trasparenza, partecipazione e pubblicità (Tar Lazio, Roma, sez. I, 21 settembre 2011 n. 7481) e mediante procedure di selezione basate sull'apprezzamento di qualità e competenze professionali (Tar Lazio, Roma, sez. I, 31 gennaio 2011 n. 841).

Un incarico "fiduciario" e diretto, o ancorato ad un curriculum non particolarmente probante, se appare legittimo per un ente privato, che per la scelta dei suoi top-manager non ha parametri normativi da seguire, ma un solo severo "giudice", ovvero il mercato, che espunge con il fallimento o con calo di utili società mal guidate da dirigenti inidonei, è invece non ipotizzabile per un ente pubblico. Quest’ultimo, in ossequio a principi di legalità, imparzialità e di buon andamento della P.A., deve osservare norme primarie tese alla scelta dei dirigenti più meritevoli in sede concorsuale o di conferimenti di incarichi ex articolo 19, comma 6, decreto legislativo n.165/2001, comparando, in questo secondo caso, sul mercato (anche dei dirigenti interni) i curricula dei più titolati aspiranti a cui affidare la "miglior gestione della cosa pubblica". La compiuta analisi e l’atomistico riscontro del curriculum, da trasporre in idonea motivazione non "a stampone", è un basilare dovere dei vertici di un qualsiasi ente pubblico che conferisca incarichi dirigenziali esterni, stante l’assenza in tali casi di una selezione concorsuale prevista quale regola generale dal nostro ordinamento: tale curriculum deve evidenziare non già una "ordinaria" preparazione, ma una "eccelsa" professionalità non riscontrabile all’interno della P.A., da utilizzare temporaneamente per compiti nei quali il prescelto abbia una documentata alta esperienza pregressa da mettere a disposizione dell’ente conferente. E l’ente conferente deve dare contezza motivazionale di aver vagliato analiticamente il curriculum.

In altre parole, per conferire un incarico dirigenziale presso una amministrazione pubblica ad un soggetto non inserito nei ruoli dirigenziali, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, non è mai stato sufficiente, sia prima che dopo al novella del 2009, che dal curriculum dell’interessato emergesse il solo possesso di un soddisfacente bagaglio conoscitivo e di esperienze "sul campo" nella materia specifica, ma necessitano, e sono sempre stati necessari, i più severi requisiti di comprovata eccellenza professionale (ergo non comune) e di titoli universitari (o post-universitari), espressivi di robusta preparazione anche teorica e istituzionale,  previsti dalla stessa norma, che considera come assolutamente eccezionale l’affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano superato il prescritto percorso di qualificazione concorsuale per l’inserimento nel ruolo dirigenziale.

Infine, un principio di carattere generale: il pubblico concorso è di regola una selezione culturale (per le capacità da dimostrare) ed etica (per la capacità di mettersi umilmente in gioco, confrontandosi con migliaia di candidati dopo anni di impegnativo studio), certamente perfettibile, ma sicuramente (di regola) imparziale e meritocratico. Il distinto e legittimo incarico fiduciario, in quanto influenzabile da pressioni (politiche o lobbistiche), pur ammissibile, va però tutelato con minimali ma indefettibili regole procedurali volte alla scelta dei più meritevoli tra gli aspiranti all’incarico dirigenziale: trasparenza delle procedure di scelta, fissazione in un invito a candidarsi che indichi le peculiari professionalità necessarie, motivazione non stereotipa della scelta del candidato valutando comparativamente i curricula, che devono evidenziare in modo palese ed oggettivo alte professionalità non presenti all’interno della PA.

Senza tali minimali regole, la scelta di un dirigente esterno sfocia in intollerabile arbitrio.